Albert Einstein: Il costruttore di universi by Vincenzo Barone

Albert Einstein: Il costruttore di universi by Vincenzo Barone

autore:Vincenzo Barone [Barone, Vincenzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Popular Culture, Science, History, Biography & Autobiography, General, i Robinson / Letture
ISBN: 9788858124666
Google: jZuODAAAQBAJ
editore: Gius.Laterza & Figli Spa
pubblicato: 2016-02-02T23:00:00+00:00


6.

“Dio non gioca a dadi”

Einstein fu uno dei padri della teoria quantistica, ma i rapporti che ebbe con la sua creatura, una volta che questa giunse a maturità, furono estremamente difficili.

L’articolo del 1905 sull’effetto fotoelettrico, oltre a introdurre l’idea dei quanti di luce, aveva aperto la strada a due importanti sviluppi: la prima teoria quantistica degli atomi, elaborata da Niels Bohr, e la concezione ondulatoria della materia, dovuta a Louis de Broglie.

Nel 1913 Bohr ipotizzò che l’energia degli atomi fosse quantizzata, cioè che assumesse, in funzione della costante di Planck, solo particolari valori, etichettati da un numero intero. Secondo Bohr, un atomo, passando da un livello più alto a un livello più basso di energia, emette della luce (cioè dei fotoni), la cui frequenza è legata alla differenza di energia dei due livelli dalla stessa legge che Einstein aveva formulato per l’effetto fotoelettrico. Si riuscivano a spiegare così le regolarità osservate negli spettri della luce emessa dagli atomi, che hanno una struttura discontinua, con una serie di righe luminose di frequenza determinata. Il modello di Bohr ebbe il grande merito di mostrare che non solo la luce, come si credeva in precedenza, ma anche gli atomi (quindi la materia) erano soggetti alle leggi quantistiche. Fu, per Einstein e molti altri, una vera rivelazione, che metteva un punto fermo in un ambito come quello della fisica dell’atomo, in cui fino a quel momento aveva regnato la confusione. Molti anni dopo, Einstein avrebbe definito la teoria di Bohr “la più alta forma di musicalità nella sfera del pensiero”.

Dopo il lavoro di Bohr, Einstein (che nel frattempo aveva completato la relatività generale) tornò con rinnovato interesse a occuparsi di teoria dei quanti. Tra il 1916 e il 1917 scrisse una serie di articoli in cui deduceva la legge di Planck del corpo nero dalla teoria quantistica degli atomi. In questi lavori, tra l’altro, veniva introdotto il concetto di emissione stimolata della radiazione (l’emissione di fotoni per effetto della presenza di altri fotoni di uguale frequenza), che è oggi alla base del funzionamento dei laser. Lavorando sul problema della radiazione, Einstein si rese conto che non c’era modo di stabilire con esattezza né l’istante in cui un atomo emetteva un fotone, né la direzione in cui il fotone veniva emesso: si poteva solo calcolare la probabilità che l’emissione del fotone avvenisse in un certo intervallo di tempo. Ai suoi occhi, questo era un grave difetto. “La debolezza della teoria – scrisse nel paragrafo conclusivo dell’articolo del 1917 – sta [...] nel fatto che essa lascia al ‘caso’ l’istante e la direzione dei processi elementari” (mise la parola ‘caso’ tra virgolette, con cautela).

Il caso e la probabilità – i due futuri protagonisti della scena quantistica – fecero dunque il loro esordio con i lavori di Einstein sulla radiazione atomica. Nelle intenzioni di Einstein, la loro apparizione doveva essere temporanea, in attesa di una teoria più avanzata che li eliminasse. “L’idea che un elettrone esposto a una radiazione possa scegliere liberamente l’istante e la direzione in



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